Italiani scettici sulle ricadute di Expo Milano 2015
Osservatori - domenica 12 Aprile, 2015
Gli italiani hanno una sindrome allergica alle grandi opere. Le vivono perlopiù con un’aria di sospetto e di disincanto. Prima ancora che considerarne l’utilità, la funzionalità, le opportunità che possono aprire, scatta un meccanismo pavloviano: il dubbio che dietro a un progetto si celi sempre qualcos’altro. Qualcuno che ruba, la raccomandazione, la speculazione, il danno ambientale: insomma, qualcosa oscura sempre la finalità ultima, appannandone gli obiettivi. Va detto che un simile sentimento trova ampia alimentazione nelle cronache quasi quotidiane. Dai reportage giornalistici ai telegiornali satirici, dagli articoli ai blog siamo sommersi da notizie che mettono in luce scorrettezze, ruberie, lievitazione dei costi. E tutto a danno dei contribuenti. Insomma, i furbetti del quartierino sono sempre dietro l’angolo. Com’è noto, anche l’esposizione universale EXPO 2015, ormai prossima all’avvio, è stata toccata da episodi di corruzione, che vanno denunciati e perseguiti. Nello stesso tempo, però, non va dimenticato ciò che l’EXPO 2015 di Milano può rappresentare: non solo un evento, ma una infrastruttura volano per la nostra economia.
In una fase in cui alcuni fattori di miglioramento si stanno palesando, l’esposizione costituisce un’opportunità per una parte consistente del sistema produttivo italiano. Molti consumatori dei Paesi in crescita guardano al nostro Made in Italy come un valore aggiunto importante. Di questo gli imprenditori sono consapevoli e non è un caso che siano anche i più attivi e attenti all’evoluzione della manifestazione. Il cibo e l’alimentazione, temi al centro dell’evento, costituiscono uno degli asset principali dell’Italia a livello globale e funzionano da traino anche per tutti gli altri settori produttivi. Ma l’EXPO non è solo un evento: va considerato al pari di una infrastruttura. E opportunamente il Ministro Delrio, fin dall’assunzione del suo incarico, l’ha posto fra le grandi opere. Perché come altre esperienze hanno dimostrato (Genova, Torino) queste iniziative devono essere considerate anche un’occasione per rivisitare lo sviluppo di un territorio e di un’economia. Guardando oltre all’evento in sé, spostando l’ottica alle ricadute negli anni a venire.
Community Media Research con l’Indagine LaST, ha interpellato gli italiani per cogliere le aspettative verso l’EXPO e i fenomeni che esso potrà generare. L’esito complessivo non è però entusiasmante. Proponendo una lista di possibili ricadute che l’esposizione internazionale potrebbe avere, prevale un orientamento di ambivalenza, venato in particolare da un orientamento negativo. Al primo posto, quasi inevitabilmente, gli italiani collocano una preoccupazione: l’infiltrazione di criminalità e l’alimentarsi di fenomeni legati alla corruzione (62,6%), in particolare fra i residenti nel Nord. Al secondo posto, invece, troviamo la speranza che la manifestazione possa generare una maggiore attenzione alla qualità dei prodotti e alla sicurezza dei consumatori (56,8%), con una netta prevalenza fra gli abitanti del Centro e del Nord Est. Si tratta di due opzioni dal segno opposto: la prima è un’apprensione, la seconda un auspicio. Che però convivono. La classifica prosegue evidenziando posizioni che mettono in luce valutazioni preoccupate: non sono maggioritarie, tuttavia sono assai diffuse. Il 43,3% ritiene che una volta terminato l’evento, l’EXPO non avrà ricadute positive, ma sarà stato un semplice episodio. Una quota analoga (43,3%) pensa che i costi per sostenere l’esposizione universale siano eccessivi per un paese come l’Italia ancora in grande sofferenza economica. I due quinti (40,7%) temono un eccesso di cementificazione e presumono un impatto negativo sull’ambiente. Dall’altro lato, gli aspetti positivi rivestono un minor grado di accordo. Se i due quinti (41,9%) prevedono che l’EXPO creerà nuovi posti di lavoro, solo il 38,4% degli italiani immagina la possibilità che vengano avviati nuovi centri di ricerca e sviluppo. E una quota simile (35,8%) intravede nell’esposizione universale un contributo al rilancio della nostra economia.
Sommando le risposte ottenute dagli italiani è possibile costruire un profilo di sintesi delle aspettative verso l’EXPO. Il profilo prevalente è costituito da quanti sono incerti, oscillano equamente fra aspetti positivi e negativi, in un gioco a somma zero: gli “EXPOboh”. Sono il 43,8% degli italiani, in particolare fra le donne, le generazioni più giovani, gli studenti, i residenti nel Nord Est, chi possiede una laurea e ha una conoscenza dell’evento appena sufficiente. Il secondo profilo è composto da quanti prevedono esclusivamente ricadute negative: i “noEXPO”. Sono il 31,2% degli interpellati e soprattutto si trovano fra i 25-34enni, i disoccupati, i diplomati e hanno però una scarsa conoscenza su l’EXPO. Il profilo minoritario, benché non marginale, è di quanti immaginano effetti positivi dell’esposizione universale: gli “EXPOfan” (25,0%). In questo gruppo annoveriamo soprattutto i maschi, gli ultraquarantenni, gli imprenditori e le casalinghe, i residenti nel Mezzogiorno e quanti hanno seguito attentamente il progetto dell’EXPO.
Solo una manciata di giorni e poi, finalmente, si taglierà il fatidico nastro dell’esposizione universale. Inevitabilmente scatteranno subito le valutazioni sull’EXPO. Ma gli effetti sostanziali si potranno misurare solo successivamente, una volta chiusa la manifestazione. Se l’EXPO sarà stato progettato anche come una infrastruttura (immateriale) per un nuovo sviluppo, allora ne potremmo toccare con mano i risultati. E, una volta tanto, avremo trovato un rimedio all’allergia degli italiani verso le grandi opere.
Daniele Marini