#Lastitaly. A Nordest si ama “fa per sè”
Sondaggi - lunedì 4 Luglio, 2016
Ciascuno di noi è riconosciuto per un aspetto particolare che rimane impresso, in noi e negli altri: un soprannome, un modo di fare o di vestire, una stretta di mano. È sicuramente un’identificazione parziale, ma spesso è ciò che ci descrive. È il nostro “marchio di fabbrica” o, per dirla in modo più moderno, il nostro “brand”. Anche una collettività, un territorio vive di rappresentazioni, mediante processi complessi che richiedono molto tempo ed energie, soprattutto una progettualità. Mentre in misura inversamente proporzionale, basta poco per destrutturarle. È sufficiente rinviare agli episodi di corruzione di questi ultimi anni e delle recenti vicende bancarie per osservare il declino dell’immagine di un Nordest che si pensava diverso dal resto del Paese. Eppure, edificare l’immagine di realtà regionali assume oggi, ancor più di ieri, un aspetto qualificante. Si veda Milano con l’Expo e Torino con le Olimpiadi invernali. È sufficiente rinviare a quanto impegno dedicano le imprese per imporre il “brand” dei propri prodotti per comprendere come la costruzione di un’identità sia oggi un obiettivo economico strategico.
Ma è altrettanto strategico dal punto di vista politico e sociale. In una realtà complessa come la nostra, attraversata dai processi di globalizzazione e in cui i punti di riferimento hanno perso il tradizionale ancoraggio, è fondamentale offrire elementi di definizione. A maggior ragione se consideriamo la storia del Nordest, oltre che del nostro Paese, in cui i localismi hanno rappresentato il tratto fondativo. In cui i particolarismi sociali e il corporativismo contrassegnano ancora ampi settori della nostra società.
Basti pensare a cosa accade quando si cerca di cambiare le regole – aprendo al mercato – settori dell’economia: dai farmacisti, ai taxisti, alle banche, passando per gli ordini professionali, tutti pronti a salire sulle barricate pur di conservare i cosiddetti diritti acquisiti in virtù di specificità che oggi hanno sbiadito il loro significato.
Come ci descriviamo, quali sono i tratti che definiscono i nostri concittadini – e dunque noi stessi – è l’oggetto del sondaggio realizzato da Community Media Research. In prima battuta, emerge un profilo il cui tratto prevalente dei nordestini mette l’accento su aspetti che paiono resistere nonostante tutte le trasformazioni: lavoro e individuo, soprattutto. Una società che si riconosce, più che altrove, nella dimensione del lavoro, sia esso dipendente o autonomo. Dunque, del fare, dell’operare, dell’attività. E, all’altro capo, dell’individuo, del soggetto, della spinta autonoma dell’intraprendere. Come se fosse una motivazione interna. Nel Nordest, però, non è ovunque così e si possono osservare alcune peculiarità. Sono i veneti (35,7%), più degli altri, a identificarsi come “lavoratori”, assieme alla “individualità” (35,2%).
I trentini e gli altoatesini, invece, sottolineano la dimensione familistica (27,3%) come carattere prevalente. In Friuli Venezia Giulia (28,4%) e in Trentino Alto Adige (24,0%) il possedere “senso civico” risulta più elevato che in Veneto (2,2%). Fra i nordestini, prevale il particulare, la centratura nella sfera personale-familiare e degli interessi specifici. Come se facessimo fatica a guardare oltre il nostro perimetro visuale. Non riuscendo a identificare una progettualità più ampia o quello che potremmo definire un “bene comune” che oltrepassi i nostri mondi vitali. Questi esiti tendono a confermare lo stereotipo che caratterizza l’immagine dei nordestini e solo paradossalmente cozza contro gli slanci di solidarietà che, invece, osserviamo quotidianamente. Che ci sono, diffusi e partecipati, frutto di un capitale sociale e valoriale fondamentale. La questione è che tali gesti non s’inseriscono (ancora) all’interno di progettualità condivise e sistematiche, perché si fondano sullo slancio individuale, di piccole comunità organizzate sui territori o nei mondi associativi.
In fondo, è il frutto del fai-da-te, dei micro-progetti che si costruiscono – in attesa di un disegno più ampio, che in fondo non si crede arriverà mai nel breve termine – per affrontare i problemi che emergono di volta in volta. C’è però un secondo elemento che emerge con evidenza: la diversità di percezione su scala territoriale. L’identità veneta si concentra in particolare sui due aspetti del “laburismo” e della “soggettività”, cui si somma l’esclusiva attenzione agli “interessi familiari”. Non è solo il tradizionale “fare-da-sé”, ma pare prevalere il “fare-per-sé”, l’assenza di un disegno più ampio.
In Trentino Alto Adige, ma anche in Friuli Venezia Giulia, il baricentro si sposta. Anche in queste realtà regionali spicca l’aspetto micro dell'”individuo” e della sfera “familiare”, ma temperato da un forte “senso civico” che permette la condivisione di valori comuni: una sorta di “familismo-comunitario”. Sommando le caratteristiche assegnate sulla base dell’importanza, possiamo rilevare come prevalga una rappresentazione “neutra” verso i propri concittadini, dove gli aspetti positivi sono contemperati da altri più negativi: poco meno della metà (48,0%) riverbera questa rappresentazione, in particolare fra trentini e altoatesini (56,5%). Seguono i “negativi” che attribuiscono solo aspetti sfavorevoli (31,9%), in particolare fra i residenti in Friuli Venezia Giulia (35,9%) e in Veneto (34,8%). Chi vede esclusivamente tratti positivi (20,1%) è una minoranza, in particolare fra quanti vivono in Friuli Venezia Giulia (30,8%).
Il Nordest, dunque, vive un paradosso. Non si rappresenta unitariamente al suo interno. Ma, mediamente, ha elementi peculiari che lo accomunano e lo differenziano dal resto d’Italia. Le latenze culturali non si possono eliminare con tratto di penna, ma richiedono tempo. Soprattutto, progettualità e politiche che abbiano coerenza e visione di lungo periodo. Dotate di un’idea e di valori che siano condivisi e che facciano risaltare – senza timori – le diversità e le peculiarità. La competizione globale si gioca su sistemi territoriali intelligenti, non su singole entità locali. E un territorio (ampio) che smette di pensarsi come sistema non fa il bene individuale e familiare.
Daniele Marini
Quotidiani Finegil, 3 luglio 2016
Messaggero Veneto, 3 luglio 2016
Nota metodologica
Community Media Research ha realizza l’indagine che si è svolta a livello nazionale dal 22 marzo al 4 aprile 2016 su un campione rappresentativo della popolazione residente in Italia, con età superiore ai 18 anni. Gli aspetti metodologici e la rilevazione sono stati curati dalla società Quantitas. I rispondenti totali sono stati 1.997 (su 13.287 contatti). L’analisi dei dati è stata riproporzionata sulla base del genere, del territorio, delle classi d’età, della condizione professionale e del titolo di studio. Il margine di errore è pari a +/-2,2%. La rilevazione è avvenuta con una visual survey attraverso i principali social network e con un campione casuale raggiungibile con i sistemi CAWI e CATI. Documento completo su www.agcom.it e www.communitymediaresearch.it.