Gli italiani? Non così euroscettici
Sondaggi - lunedì 28 Aprile, 2014
La dimensione del territorio è fondamentale nella costruzione delle identità e di senso. Tuttavia, internet, i social network, le nuove tecnologie hanno infranto i perimetri fisici tradizionali. Il processo di integrazione europeo, l’introduzione della moneta unica e la libertà di scambio di prodotti e delle persone hanno ridisegnato i vecchi confini in modo irreversibile. Questi fenomeni ridefiniscono anche le nostre appartenenze: è la stessa idea di territorio che dev’essere rivisitata. La ricerca dimostra un’identità articolata. La popolazione sente di appartenere all’Italia, ma anche all’Europa. E i due aspetti coesistono contemporaneamente. Siamo italiani-europei. Ma diamo poco credito alle sue istituzioni, e ancor di meno a quelle nazionali. Viviamo in una casa comune cui sentiamo di appartenere, ma ci fidiamo poco della sua struttura e della governance. Testimonia dell’esistenza di uno spread fra l’identità, da un lato, e, dall’altro, la fiducia.
Innanzitutto, si è sondato il senso di identità territoriale. In prima battuta, gli italiani non si riconoscono in un’unica area, piuttosto emerge un’identità molteplice che si costruisce contemporaneamente su più livelli. Si è certamente soprattutto italiani (31,2%), ma nello stesso tempo europei (28,1%) e anche appartenenti al mondo intero (24,4%). Lo spazio della Regione (8,2%) e della propria città o paese (8,2%) costituiscono un luogo decisamente meno rilevante rispetto ai precedenti. Potrebbe essere diversamente in un’epoca in cui grazie a internet, ai tablet o agli smartphone possiamo in ogni momento e luogo connetterci con qualsiasi parte del globo, vedere cosa accade ai nostri antipodi, comunicare in ogni momento del giorno? Questo essere on line continuamente non può non produrre una riscrittura dei nostri confini (non solo mentali) e, quindi, delle nostre identità: che non possono più essere univoche, ma si ridefiniscono progressivamente. Siamo italiani, ma nello stesso tempo ci piace (o piacerebbe) essere spagnoli, francesi, tedeschi, perché di quei territori apprezziamo alcuni aspetti, li vorremmo avere anche noi, li abbiamo sperimentati visitandoli. Gli stessi oggetti che indossiamo e utilizziamo quotidianamente provengono da più parti del mondo, e così pure il cibo che mangiamo, i canali televisivi che vediamo. Viviamo in un grande condominio globale, con tutti i suoi aspetti positivi e negativi. Provando a costruire una sintesi delle appartenenze territoriali, possiamo delineare 5 profili. Gli “italo-globali” (39,0%) costituiscono il gruppo più cospicuo e assommano un’identità nazionale a una europea o mondiale. Seguono i “cosmopoliti” (21,0%), coloro che si riconoscono esclusivamente come cittadini del mondo ed europei. I “glocali” (18,4%) si identificano congiuntamente su un livello regionale/locale, con uno europeo/mondiale. Una quota analoga (17,5%) è quella degli “italo-locali” in cui troviamo quanti sommano l’identità nazionale con quella regionale/locale. Infine, più marginali, risultano i “localisti” (4,1%) ovvero quanti esprimono soltanto un’appartenenza regionale e di paese. Gli italiani, quindi, manifestano un senso di appartenenza all’Italia e all’Europa, in particolare, più elevato forse di quanto non siamo portati a supporre.