I Partiti a Nordest: essenziali per la democrazia ma voti più selettivi


Sondaggi - domenica 2 Luglio, 2017

Il rapporto fra nordestini, partiti e politica è segnato da un sentimento contrastato, testimoniato anche dalle recenti elezioni amministrative. Attratti più dalle liste civiche che dai partiti, chi è andato a votare. Invogliati all’astensione, gli altri. Potrebbe essere altrimenti? Stiamo ancora vivendo un processo di assestamento del sistema politico nazionale avviato con la caduta della Prima Repubblica, ma che a distanza di circa un quarto di secolo (sic!) non ha ancora trovato un consolidamento. I cambiamenti di rotta poi sono così repentini – si veda quanto sta accadendo sulla riforma elettorale – da lasciare disorientati anche gli analisti politici più esperti. Mentre il mondo muta, gli attori politici sono avviluppati in logiche tutte interne, incapaci di esprimere visioni coerenti del futuro, progettualità di respiro. È inevitabile, quindi, che l’elettorato appaia disorientato, talvolta disilluso e distaccato. Però non è immobile e qualcosa pare si stia trasformando negli orientamenti. L’ultima ricerca sulle opinioni della popolazione ha provato a sondare gli orientamenti dei nordestini su questi temi. Proviamo a raccogliere i principali segnali che emergono.

Il primo è che, nonostante tutto, per una larga maggioranza della popolazione i partiti sono ritenuti un elemento essenziale per l’esercizio della democrazia: il 63,2% ritiene che senza di essi la democrazia non possa funzionare, in particolare in Friuli Venezia Giulia (80,6%). Ciò non significa vi sia fiducia verso i partiti, perché com’è noto quella attribuita alle istituzioni politiche (con l’eccezione del Presidente della Repubblica) è assai bassa. I partiti oggi presenti sul mercato politico non soddisfano le aspettative: più della metà è interessato alla politica, ma non gli piacciono i partiti per come sono oggi (56,2%). Nonostante la novità della partecipazione via web, l’uno-vale-uno, i partiti leggeri e di plastica, prevale l’idea che un’organizzazione strutturata del consenso e presente sul territorio sia ancora lo strumento più adeguato a far funzionare una democrazia. È interessante osservare come sostengano con maggiore forza questa tesi soprattutto le giovani generazioni (72,7%) e quanti si collochino nell’area politica del centrosinistra (78,6%), mentre all’opposto chi non si posiziona lungo il tradizionale asse destra-sinistra ritenga che le forme partito non siano poi così necessarie (53,1%). Forse un bisogno di rinnovati punti di riferimento anche in politica, forse culture più attente ai meccanismi di funzionamento della democrazia: in ogni caso, c’è bisogno di ripensare la forma partito. Questo punto, si lega strettamente al secondo segnale: le tradizionali categorie politiche. Ora, in questi decenni abbiamo conosciuto il progressivo mutare di sigle e di formazioni politiche, fra scissioni, ricomposizioni, emersione di nuovi soggetti. Il tutto, però, è avvenuto senza vi fosse una riflessione radicale sugli orizzonti di valore, sulle visioni di fondo e gli indirizzi d’azione. Cosa significhi oggi, in un contesto sociale ed economico profondamente mutato, “destra” o “sinistra” è una domanda cui si fatica a rispondere. Ma l’assenza di un ragionamento preliminare, spinge alla costruzione di movimenti e partiti o fusioni e alleanze fragili, di durata incerta. Così, per una parte cospicua dei nordestini (60,4%) le tradizionali categorie destra/centro/sinistra oggi hanno perso significato, non sono più in grado di aiutare l’interpretazione dei fenomeni, e si ritrovano orfani di orizzonti culturali (e politici) di riferimento. Dunque, alla forma partito, va anteposta una riflessione sulle culture politiche, sui valori di riferimento e sulle loro declinazioni: servono narrazioni nuove e coerenti. Il terzo segnale rimanda alla relazione fra gli elettori e i partiti. Il confronto con un’analoga rilevazione avvenuta nel 2015 mette in luce come sia mutato l’interesse dei nordestini verso la politica. Possiamo individuare quattro gruppi di elettori. Gli “identificati”, quanti si immedesimano con un partito, costituiscono il 16,9%. È una quota stabile nel tempo (16,4% nel 2015), un po’ più presente in Friuli Venezia Giulia (20,6%). Il secondo gruppo è degli “interessati” alla politica, anche se non gli piacciono i partiti (19,9%): anch’esso sostanzialmente stabile negli anni (16,9% nel 2015), ancora una volta più diffuso nel Friuli Venezia Giulia (22,2%). Ma ad aumentare sono soprattutto i “negoziali” (42,9%, 19,6% nel 2015): valutano di volta in volta sulla base dei programmi e delle persone a chi dare il proprio voto. Sono la maggioranza ovunque, ma in Trentino Alto Adige (50,2%) spiccano maggiormente. Diminuiscono, invece, i “disillusi” (20,3%, 49,9% nel 2015), quanti non trovano partiti vicini alle proprie idee o ritengano non servano, frutto anche della campagna elettorale che mobilita le persone. Dunque, l’affievolirsi della disillusione verso i partiti, più che favorire i processi di identificazione, alimenta un rapporto negoziale che va al di là degli schieramenti tradizionali e configura un elettore mobile e selettivo. Che utilizza il voto (e anche il non voto) in modo strumentale, meno di appartenenza. In questo senso, viene il quarto segnale: l’assunzione crescente di responsabilità. Forte è la consapevolezza che per fare bene politica serve una preparazione specifica (81,5%, soprattutto fra i friul-giuliani e i trentino-alto atesini). E l’autocritica, tant’è che l’82,3% ritiene che se la politica è scadente, la responsabilità sia anche dei cittadini (in particolare in Friuli Venezia Giulia e in Trentino Alto Adige).
Veniamo da anni in cui scandali e privilegi della casta politica sono giustamente denunciati quasi quotidianamente dai mezzi di comunicazione e irrisi dalla satira. Una lunga operazione destruens è stata realizzata minando fortemente, però, la reputazione di politici e partiti. A dispetto di un immaginario diffuso, i nordestini sono attenti alla politica più di quanto non si ritenga. I friul-giuliani relativamente più vicini ai partiti, rispetto ai veneti e ai trentino-alto atesini. Quest’ultimi, invece, più negoziali e disillusi. Molti, però, selettivi nelle scelte. Oggi alla ricerca di partiti construens: capaci di progettualità e di narrazioni coerenti sul futuro.

Daniele Marini

Nota metodologica
Community Media Research realizza l’Indagine che si è svolta a livello nazionale dal 6 al 12 aprile 2017 su un campione rappresentativo della popolazione residente in Italia, con età superiore ai 18 anni. Gli aspetti metodologici e la rilevazione sono stati curati dalla società Questlab. I rispondenti totali sono stati 1.655 (su 14.103 contatti). L’analisi dei dati è stata riproporzionata sulla base del genere, del territorio, delle classi d’età, della condizione professionale e del titolo di studio. Il margine di errore è pari a +/-2,4%. La rilevazione è avvenuta con una visual survey attraverso i principali social network e con un campione casuale raggiungibile con i sistemi CAWI e CATI. Documento completo su www.agcom.it e www.communitymediaresearch.it