Il nostro Paese ha bisogno degli immigrati
Sondaggi - lunedì 2 Dicembre, 2013
Potrà piacere o meno, ma gli immigrati costituiscono una realtà ineludibile, con la quale è necessario fare i conti non solo quando nei punti di approdo della nostra penisola si assiste a un ingolfamento degli arrivi o alle stragi di persone a poche miglia dalla costa, come per Lampedusa. Anche perché tali approdi proseguono periodicamente, pure al di fuori dei riflettori mediatici. È ormai il tempo per affrontare la questione in modo (possibilmente) razionale e non più emergenziale. Le migrazioni assumono il connotato di vero e proprio fenomeno negli anni ’80 con l’afflusso crescente di popolazioni dai diversi sud del mondo. Nel 1991 il tasso di popolazione migrante in Italia era lo 0,9%, nell’arco di poco più di vent’anni è arrivato a toccare la soglia dell’8% (stima 2012). Come sempre, si tratta di un dato medio che nasconde situazioni molto diversificate.
In alcuni comuni, soprattutto nelle realtà più produttive del Nord, tali soglie superano da tempo il 20%. Le proiezioni per i prossimi anni prefigurano una presenza prossima all’11% (nel 2020, secondo l’Istat). La crisi economica ha sicuramente fatto defluire quote di migranti e ha rallentato l’arrivo complessivo dei flussi, ma questi non si sono arrestati. A dispetto di quanti semplicisticamente vorrebbero bloccare gli approdi (perché non c’è lavoro neppure per noi, perché c’è la crisi,…), i migranti giungono in Italia perché spinti da condizioni estreme nei loro paesi d’origine: carestie, povertà, persecuzioni. Disposti, dunque, a qualsiasi prezzo pur di fuggire da situazioni disumane. Qualsiasi luogo è migliore di quello da cui muovono.
Ma non c’è solo un motivo di spinta a uscire dai loro contesti. Anche noi abbiamo responsabilità che sono, in primo luogo, legate ai nostri comportamenti riproduttivi: da diversi lustri largamente insufficienti a realizzare un effetto sostitutivo della popolazione. I demografi lo ripetono (inascoltati) da anni ed è ormai un problema noto, ma la crudezza di pochi dati danno bene la misura: sempre secondo l’Istat, il saldo naturale (la differenza fra i nati vivi e i deceduti) è costantemente negativo ancora dai primi anni ’90 – con la sola eccezione del 2006. Nel 2012 i nati sono 534.186, i deceduti 612.883. Il numero di figli per donna in età fertile è stimato nel 2013 essere a 1,46 (era 2,40 nel 1960), in costante leggero calo dall’avvio della crisi economica. Un dato positivo soprattutto in virtù delle coppie migranti che fanno mediamente più figli degli autoctoni, anche se le difficoltà economiche influiscono pesantemente e fanno diminuire le nascite fra gli immigrati.
Avendo generato una voragine demografica, non è pensabile che la struttura della popolazione riesca a sostenersi autonomamente. Anche perché a un minor numero di figli, è corrisposto negli anni un miglioramento delle aspettative di vita, cosicché la popolazione italiana invecchia progressivamente. Invertire le tendenze di simili fenomeni richiede molti anni e politiche finalizzate a sostenere le famiglie e la natalità, da un lato; e, dall’altro, a gestire i flussi migratori e a favorire l’inte(g)razione.