Il territorio: peso economico, politico e nel percepito degli Italiani
Osservatori - lunedì 27 Marzo, 2017
Il territorio ha assunto, negli ultimi anni, un’importanza crescente nella discussione pubblica e politica. E ciò accade per il concorrere di un insieme di aspetti. Sicuramente, i processi di globalizzazione hanno un ruolo centrale nel ritorno alla categoria del territorio. Le nuove tecnologie ci connettono col mondo, i sistemi produttivi si localizzano oltre i confini originari e allungano le proprie reti prescindendo dalle frontiere, la finanza non ha barriere, le migrazioni spostano porzioni di intere popolazioni: osservando simili fenomeni, si può ben dire che stiamo diventando un “grande caseggiato globale”. Nella costruzione (inconsapevole) di questo nuovo “condominio”, però, si alimenta anche un sentimento di spaesamento, di perdita di riferimenti tradizionali: c’è bisogno, quindi, nello stesso tempo di ancorarsi alle proprie radici, alle identità sociali del proprio territorio originario. Più spesso non in modo alternativo: nel contempo desideriamo essere aperti al mondo e cerchiamo di ancorarci alle nostre radici. Anche la politica, e non solo quella nostrana, sta riscoprendo l’importanza del territorio, seppure con grande fatica.
La metamorfosi dei partiti avvenuta nei decenni scorsi ha portato alla perdita di rilievo della loro presenza territoriale: alla scomparsa e irrilevanza dei circoli nelle società locali, si è sommato un inviluppo nelle dinamiche interne delle logiche dell’azione politica, che hanno fatto smarrire – come si usa dire – il contatto con la realtà. Di qui, l’invocazione allo stare in mezzo alla gente, a tornare sul territorio, almeno in modo visibile, a cercare nuove interlocuzioni con i diversi soggetti sociali. Lo stesso mondo produttivo, poi, sta scoprendo la centralità del territorio come fattore di competitività. Non si tratta solo delle buone performance dei distretti industriali, come sottolineato anche dall’ultimo rapporto del Monitor del Centro Studi di Intesa Sanpaolo. Ma anche dell’importanza che esso ha nel raccontare i prodotti, nel valore aggiunto che assumono le tradizioni e il brand territoriale nell’affermare le nostre produzioni su scala globale, come dimostra il successo del Made in Italy. Dunque, il territorio nelle sue diverse accezioni diviene centrale, paradossalmente, nelle dinamiche globali. Quanto esso sia importante e quale peso abbia non si misura solo sotto il profilo economico, ma anche dal punto di vista della percezione che la popolazione ha del luogo in cui vive. In questo senso, l’ultima rilevazione di Community Media Research ha esplorato quale fosse il peso che la popolazione assegna alla propria regione sotto due versanti: economico e politico. Ne scaturisce una geografia dei territori non scontata. Innanzitutto, osservando il peso economico percepito, com’era facile attendersi, vede collocarsi ai primi posti della classifica, e largamente al di sopra della media nazionale (50,9%), la Lombardia (94,6%), il Veneto (89,1%) e l’Emilia Romagna (86,8%), seguiti immediatamente dalla Toscana (74,0%) e dal Piemonte (65,4%). Dunque, è il Nord produttivo, cui si aggiungono i toscani, a considerarsi la leva dell’economia nazionale, da un lato; mentre – con l’eccezione della Basilicata (47,5%) e del Lazio (41,5%), collocate poco sotto la media – le rimanenti regioni Centro (Marche e Umbria: 12,1%) e soprattutto del Mezzogiorno (14,4%) si attribuiscono una scarsa importanza economica, per non dire di una sensazione di marginalità. Va notato, però, come non tutte le regioni del Nord si collochino al di sopra della media nazionale: gli abitanti di Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Liguria riverberano una percezione poco positiva della propria economia sul piano nazionale, al punto che la Valle d’Aosta occupa l’ultimo posto in classifica. La graduatoria territoriale muta quando si passa a considerare il peso politico. Detto di un valore medio nazionale assai più basso (33,2%) rispetto a quello economico, assistiamo a uno slittamento che coinvolge intuitivamente in misura maggiore alcune regioni del Centro e del Nord. Il podio è conquistato dalla Toscana (82,4%), seguita dall’Emilia Romagna (69,4%) e dal Lazio (68,8%), ovvero le principali regioni di provenienza dei ministri dell’esecutivo Gentiloni (e Renzi prima), oltre alle attuali figure di spicco dell’arena politica odierna. Più staccate troviamo poi la Lombardia (60,7%) e la Basilicata (51,3%) uniche regioni a situarsi sopra la media nazionale. Dunque, un simile esito induce a sottolineare come non esista, nella percezione della popolazione, una sovrapposizione netta fra il peso economico attribuito alle regioni e quello politico, in particolare per le realtà produttive più dinamiche come quelle del Nord. Come se si registrasse un disallineamento fra ruolo dell’economia e rappresentanza politica sul piano nazionale, che vede coinvolte realtà significative come Piemonte (29,4%), Veneto (21,7%), Friuli Venezia Giulia (29,4%), oltre alla Campania (32,0%).
La ricerca mostra come esistano (e, soprattutto, purtroppo persistano) delle linee di frattura a livello territoriale non solo nei dati oggettivi, ma anche nelle percezioni della popolazione. E però, sono faglie disomogenee rispetto a quanto siamo portati generalmente a pensare. Il Nord sicuramente costituisce la locomotiva economica, ma non tutto il Nord lo è. Dovremmo parlarne al plurale, come “i” diversi Nord. Analogamente si deve guardare al Mezzogiorno. Anzi, a “i” Mezzogiorno. Come lo stesso Svimez segnala, si tratta di un insieme articolato di territori. Prova ne sia il caso Basilicata, la cui crescita del Pil negli ultimi anni è superiore alla media nazionale, ma la stessa popolazione si attribuisce un peso rilevante sul piano economico e politico: come dare loro torto pensando alla ripresa produttiva a Melfi, a Matera città della cultura europea nel 2019, al turismo, ai set cinematografici. Paradossalmente, il territorio, meglio i territori assumono un ruolo fondamentale a fronte dei processi di globalizzazione. Bisogna però osservarli da vicino con attenzione, in modo articolato, per narrarli realisticamente e dare il giusto valore. Per assottigliare anche la frattura fra rappresentazione sociale e rappresentanza politica.
Daniele Marini
Nota metodologica
Community Media Research, in collaborazione con Intesa Sanpaolo per La Stampa, realizza l’Indagine LaST (Laboratorio sulla Società e il Territorio) che si è svolta a livello nazionale dal 18 ottobre al 4 novembre 2016 su un campione rappresentativo della popolazione residente in Italia, con età superiore ai 18 anni. Gli aspetti metodologici e la rilevazione sono stati curati dalla società Questlab. I rispondenti totali sono stati 1.566 (su 12.785 contatti). L’analisi dei dati è stata riproporzionata sulla base del genere, del territorio, delle classi d’età, della condizione professionale e del titolo di studio. Il margine di errore è pari a +/-2,5%. La rilevazione è avvenuta con una visual survey attraverso i principali social network e con un campione casuale raggiungibile con i sistemi CAWI e CATI. Documento completo su www.agcom.it e www.communitymediaresearch.it.