Italiani diversamente europeisti. Sì a Europa ed Euro, ma senza vincoli economici imposti
Osservatori - venerdì 16 Maggio, 2014
Gli italiani non desiderano fare a meno dell’UE e dell’euro, ma vorrebbero rinegoziare il vincolo (economico) che li lega all’Europa. E’ quanto emerge dall’indagine LaST che ha approfondito gli atteggiamenti degli italiani verso l’UE e le conseguenze di un’eventuale uscita dell’Italia.
“L’Euro è più apprezzato di quanto non appaia – rileva Daniele Marini, Direttore Scientifico di CMR -, la maggioranza degli italiani (57,0%) ritiene abbia creato delle complicazioni, ma crede sia stato uno strumento necessario per la costruzione dell’Unione. Se a questi aggiungiamo il quinto di interpellati (20,6%) che ne evidenzia prevalentemente i vantaggi, osserviamo come in generale la popolazione apprezzi il ruolo e il valore di poter disporre di una sola moneta a livello continentale.”
Non è, però, marginale la quota di quanti ne sottolineano esclusivamente gli aspetti negativi: lo sostiene il 22,4% (sono principalmente coloro che esprimono un’identità nazionale-locale, i maschi e i 50enni con un basso titolo di studio, i disoccupati e i residenti nel Mezzogiorno). Tuttavia, secondo il 72,4% l’abbandono dell’euro e il ritorno alla Lira peggiorerebbe la situazione economica italiana. Per una quota di poco inferiore (68,5%) l’uscita dall’UE renderebbe più acuta la crisi economica.
Sono le misure imposte dall’UE al nostro Paese a generare perplessità. Se il 36,4% immagina che la situazione dell’Italia declinerebbe ulteriormente qualora non rispettassimo quei vincoli, per contro una quota analoga (35,6%) pensa che miglioreremmo le nostre prospettive. I più preoccupati di un’eventuale uscita dall’UE e dall’euro sono coloro che esprimono un’identità territoriale più aperta, i residenti nel Nord, le generazioni giovani e anziane, i ceti produttivi. Viceversa, i più critici si annidano fra i disoccupati e gli imprenditori, ovvero quanti hanno pagato in misura maggiore gli effetti di quelle decisioni.
“Non si tratta dunque di avviare un processo di exit dall’istituzione europea e dalla sua moneta – prosegue Marini -, ma, piuttosto, di una discussione e negoziazione delle misure adottate negli anni recenti, ritenute non completamente adatte a risolvere la crisi. D’altro canto, le stesse istituzioni monetarie europee e internazionali, che in precedenza hanno posto quei vincoli, da qualche tempo stanno rivalutando e mettendone in discussione la reale efficacia.”