La cittadinanza agli immigrati
Sondaggi - lunedì 3 Febbraio, 2014
Più controverso tema dell’attribuzione della cittadinanza, di cui anche recentemente si è discusso dopo le proposte del Ministro per l’Integrazione. Controverso non solo nel dibattito pubblico, ma anche nell’opinione degli interpellati. Sono due le opzioni sulle quali gli italiani sostanzialmente si dividono. Da un lato, prevalgono leggermente quanti sostengono un diritto di cittadinanza condizionato (45,6%). Secondo questa opzione, il diritto di cittadinanza dev’essere assegnato su esplicita richiesta dell’interessato e in base ad alcune condizioni (regolarità di residenza da alcuni anni, conoscenza della storia e della lingua, e così via). Chi più di altri evidenzia questa opzione sono le fasce d’età centrali (25-34enni: 53,6%), le persone in condizione attiva sul lavoro (imprenditori: 64,1%; operai: 56,6%; disoccupati: 55,0%), i residenti nel Nord Est (54,9%), i diplomati-laureati (53,2%), chi è avverso (56,5%) e ambivalente (67,2%) nei confronti dei migranti. Secondo questa visione, la cittadinanza per i migranti non è un diritto tout court, ma è una scelta soggettiva e dipendente da alcune regole. Una quota analoga, ma leggermente inferiore (42,1%) è sostenitore dello ius soli: la cittadinanza italiana va attribuita a tutti quelli che sono nati nel nostro Paese, indipendentemente da quella posseduta dai genitori. I più favorevoli sono le ali anagrafiche estreme (meno di 24 anni: 62,1%; oltre 65: 65,4%), gli inattivi sul lavoro (pensionati: 53,8%; casalinghe: 80,8%; studenti: 53,5%), chi ha un basso titolo di studio (63,1%), quanti hanno un atteggiamento favorevole (53,2%) e accogliente (58,0%) verso i migranti. Fra queste due posizioni, si colloca in misura marginale quella della cittadinanza secondo lo ius sanguinis. Solo il 12,3% ritiene che essa si debba attribuire a tutti i nati in Italia, purché i loro genitori siano già in possesso di quella italiana.
Questi esiti dimostrano una volta di più come vi sia una differenza significativa fra quanto si discute nell’arena politica e gli orientamenti della popolazione, che sono più positivi di quanto non traspaia nel dibattito pubblico. Ciò non di meno raccontano anche della presenza di posizioni dialettiche, se non divergenti nel modo d’intendere l’attribuzione dei diritti di cittadinanza. Anche il tema migratorio è complesso e difficile, i processi di integrazione fra culture e stili di vita diversi sono problematici. Tuttavia, non possiamo continuare a ignorare il tema della cittadinanza e della partecipazione alla comunità nazionale di una parte consistente della popolazione. Anche perché, prima o poi, tali domande prenderanno forma: un quarto degli stranieri regolarmente residenti (23,4%) ha meno di 18 anni (gli italiani sono il 17,7%). Il loro futuro è qui. E anche loro sono il nostro futuro. L’inte(g)razione va definita e gestita in modo pragmatico, non ideologico. Stabilendo regole condivise e guardando a come siamo oggi e, ancor di più, al futuro. In modo consapevole.