#lastart: entro quanto tempo usciremo dalla crisi?
Sondaggi - lunedì 25 Gennaio, 2016
Puntuale in questi anni di difficoltà, fra la fine e l’inizio di quello nuovo, scatta l’interrogativo: sarà finalmente quello della ripresa economica? Stiamo uscendo dal tunnel della crisi? Diversi dati rilevano che il sistema produttivo e il mercato del lavoro hanno ripreso a sfornare segni positivi. Gli stessi indicatori di fiducia delle famiglie, dei consumatori e delle imprese portano il segno più davanti. Le recenti festività natalizie, il turismo e l’avvio dei saldi hanno evidenziato esiti interessanti. A queste indicazioni, però, si contrappongono altre ancora di segno negativo. Situazioni critiche e di difficoltà emergono di continuo: crisi aziendali, licenziamenti, una disoccupazione che rimane a livelli assai elevati. Tutto ciò fa sostenere che non siamo ancora di fronte a una risalita dell’intero sistema economico, che investe omogeneamente tutti i settori, ma è a macchia di leopardo. A situazioni di dinamicità, fanno da contrappeso altre di criticità. Ciò non di meno, finalmente dopo lunghi anni di decrescita e depressione, pare che la macchina dell’economia abbia ripreso a marciare.
La Stampa p. 19, 25 gennaio 2016
Ancora lentamente e in modo incerto, perché per diversi anni è rimasta imballata e lo stesso sistema-paese non è stato in grado di riformarsi in modo appropriato. Tuttavia, come rivendica il premier Renzi e il Governo, diverse riforme sono state deliberate e sono in corso di attuazione, altre sono in cantiere. Quindi, la direzione è perseverare nell’azione riformatrice e imprimere fiducia per consolidare la ripresa. Questa sorta di manovra a tenaglia (riforme e fiducia) sembra offrire risultati positivi, anche considerando che esiste uno sfasamento temporale fra i dati dell’economia e la realizzazione delle riforme, da un lato; e, dall’altro, le ricadute effettive e la percezione della popolazione sui benefici ottenuti.
Quanto, dunque, degli esiti positivi testimoniati dai risultati economici si riverbera sulle percezioni dei cittadini? In che misura aiutano a percepire l’uscita dal tunnel della crisi? La popolazione sembra avvertire un cambiamento di clima forse più velocemente di quanto non accada realmente nel sistema produttivo (Community Media Research in collaborazione con Intesa Sanpaolo, per La Stampa). Il motivo è fornito da un mix di elementi. Per un verso, i mutamenti nei comportamenti legati ai consumi, che si sono fatti più selettivi, hanno acconsentito di reggere meglio ai periodi di difficoltà economica. Per altro verso, dopo lunghi anni di immobilismo nel sistema politico, si intravvedono dei cambiamenti. Per altro ancora, c’è la necessità di respirare un clima meno litigioso, di una narrazione più positiva dei destini del Paese in grado di infondere fiducia. Così, se ancora oggi circa 1 italiano su 2 (53,6%) prevede che ci vorrà oltre 1 anno e mezzo per uscire dalla crisi, tuttavia nel 2014 a pensarla nello stesso modo era ben il 68,2%. Dunque, per il 15% della popolazione l’uscita dal tunnel della crisi si è relativamente accorciata. All’opposto, quanti ritengono che la ripresa economica sia già in corso sono ancora una parte marginale (8,0%), però in crescita di 6 punti percentuali (erano il 2,2% nel 2014). Non si può certo sostenere che il sentiment sia radicalmente mutato, ma si può affermare che cautamente gli italiani percepiscano l’avvio di una svolta positiva.
Volendo individuare un risultato di sintesi e analizzando più approfonditamente gli esiti, otteniamo quattro profili di rispondenti rispetto all’uscita dalla crisi. I “pessimisti”, che ritengono di porre il termine delle difficoltà non prima della fine del 2017 (53,6%), costituiscono la maggioranza, seppure in netto calo (68,2% nel 2014). Il pessimismo appare più diffuso fra le generazioni più giovani in ingresso sul mercato del lavoro (25-34 anni), i pensionati, gli operai e quanti vivono nelle realtà a diffusa presenza di imprese micro e piccolissime (Centro e Nord Est). All’opposto, gli “ottimisti” aumentano dal 12,4% (2014) al 18,4% e ritengono la ripresa già in corso o, al più, vedono l’uscita dal tunnel entro il termine del 2016. In questo gruppo incontriamo le generazioni più giovani (fino a 34 anni), gli imprenditori. In particolare, i disoccupati e i residenti nel Mezzogiorno, quasi a sottolineare l’esigenza si materializzi la speranza di un effettiva ripresa, se consideriamo le problematicità che li investono. Il terzo gruppo è rappresentato dai “cauti” (14,4%) anch’essi in crescita rispetto al 2014 (6,9%): attendono il termine della crisi entro 18 mesi, opinione diffusa fra i più giovani (fino a 24 anni) e le casalinghe. Infine, la quota di “incerti”, chi non sa dare un termine temporale alla fine della crisi, rimane stabile nel tempo (13,6%, 12,5% nel 2014).
Quando usciremo effettivamente dal tunnel della crisi è difficile prevederlo e nessuno è in grado di prefigurarlo con esattezza. Perché l’incertezza è forse oggi una delle poche certezze di cui disponiamo. Ma in un orizzonte che muta così velocemente, a maggior ragione abbiamo necessità sia di azioni riformatrici che diano il senso di aver intrapreso una direzione, sia di fiducia e di un racconto positivo del futuro del paese: da costruire con responsabilità.
Daniele Marini