#lastitaly: la fiducia degli italiani alle PMI
Osservatori - lunedì 25 Aprile, 2016
La fiducia è una cosa seria, e si dà alle cose serie. Così recitava il claim di un prodotto negli anni ‘60, il cui significato resta sempre valido. La fiducia è una risorsa tanto immateriale, quanto concreta, perché nella sua leggerezza indirizza le scelte quotidiane: è uno strumento di orientamento. Ne conoscono bene il significato gli operatori della borsa, piuttosto che gli investitori quando devono decidere dove capitalizzare gli impieghi. Le informazioni sono un elemento necessario, ma non sufficiente. La fiducia e la reputazione sono dimensioni che le inglobano e spingono in una direzione piuttosto che un’altra. A maggior ragione in un contesto altamente incerto come l’attuale, sono un elemento prezioso cui appigliarsi. Tuttavia, non crescono spontaneamente, ma si sviluppano in virtù di azioni tangibili. Ci vuole molto tempo per sedimentare la fiducia, così come molto poco per perderla, come raccontano diversi fatti di cronaca politica ed economica di queste settimane. In Italia la fiducia è una risorsa scarsa. Se escludiamo le cerchie familiari, amicali e quelle più strettamente comunitarie, il credito di cui godono diversi attori collettivi e istituzionali risulta alquanto rarefatto. La popolazione appare restia e disincantata, talvolta disgustata. D’altro canto, anche solo rinviando agli eventi recenti riportati dai media, è facile comprendere i motivi che spingono gli italiani a simili orientamenti. La ricerca sulla fiducia della popolazione verso alcune istituzioni riflette ampiamente questo distacco, ma con alcune sorprese.
La Stampa p.16, 25 aprile 2016
In primo luogo, sono solo tre gli aspetti cui la maggioranza degli interpellati attribuisce una valutazione positiva: i piccoli e medi imprenditori (72,4%), le Forze dell’ordine (59,7%) e il Presidente della Repubblica (51,9%). Gli esponenti dell’economia diffusa, della tutela della sicurezza e della garanzia istituzionale costituiscono i tre perni in cui la maggioranza degli italiani si riconosce e attribuisce aspettative. Tutto il resto viene in secondo piano, e in diversi casi con valutazioni assolutamente marginali. Dunque, gli italiani assegnano ai titolari delle PMI la reputazione maggiore. Le piccole e medie imprese costituiscono il tessuto connettivo del sistema produttivo nazionale, sono generalmente radicate sul territorio e negli anni – nonostante le difficoltà della crisi – hanno saputo resistere. Soprattutto, rappresentano un orizzonte plausibile anche per diversi lavoratori dipendenti. Basti considerare che poco più della metà degli attuali imprenditori (52,4%: CMR-Centro Studi Confindustria) proviene dalle fila di tecnici e operai. In questo senso, esiste una sorta di reciprocità fra ampie sfere di società e le imprese, cui è attribuito un valore positivo. A fianco di queste, troviamo due simboli di garanzia. Da un lato, le Forze dell’ordine quale presidio della sicurezza dei cittadini e della convivenza. È un apprezzamento aumentato negli anni e, in particolare, nel crescendo delle minacce terroristiche acquista un peso ulteriore. Ma anche per il prezioso lavoro di aiuto e sostegno che in diverse occasioni offrono nelle missioni di pace, così come nelle emergenze umanitarie. Dall’altro lato, la figura del Presidente della Repubblica Mattarella rimane un punto di riferimento stabile all’interno di uno scenario politico caratterizzato da fibrillazioni costanti. A oltre vent’anni dalla scomposizione del quadro politico generato da Tangentopoli, infatti, il sistema dei partiti non ha ancora oggi trovato una sedimentazione, rendendo l’arena politica terreno di continue rotture e ricomposizioni, di cui si fatica a cogliere una direzione precisa.
In secondo luogo, distinguendo la fiducia attribuita agli attori dell’economia, da quelli delle istituzioni politiche e pubbliche, emerge nettamente come fra i primi esista una netta polarizzazione a favore dei titolari delle PMI su tutti gli altri. Dalla Banca d’Italia (26,0%) alle Associazioni degli imprenditori (16,2%), dai manager delle grandi imprese (13,5%) fino ai sindacati (10,7%) e alle compagnie di assicurazione (6,9%), sono tutti accomunati da un elevato grado di sfiducia. Per un verso, alle imprese più grandi, fra delocalizzazioni e chiusure, è attribuito il peso maggiore delle conseguenze della crisi e della disoccupazione generata. Per altro verso, la stretta sul credito, unita alle truffe perpetrate da alcuni istituti, sicuramente non aiuta a edificare un’immagine positiva del sistema bancario nazionale. Diversa si presenta la situazione per gli attori istituzionali. Anche su questo versante prevale un sentiment di sfiducia, ma è inferiore rispetto a quello dell’ambito economico. La magistratura ottiene il 49,2% dei consensi, l’UE il 41,2%, più staccata la fiducia verso il Governo (21,8%) e la stessa Chiesa (21,6%). Fanalino di coda è il Parlamento (5,6%), a rammentare una volta di più il distacco della popolazione verso la politica.
Calcolando l’indice di fiducia, definito come valore medio alle risposte, emerge un esito paradossale. La fiducia più elevata in assoluto va ai titolari delle PMI, ma nel complesso si crede molto poco agli altri attori economici (indice fiducia: 15,5). Due sono i soggetti istituzionali cui si fa affidamento (Forze dell’ordine e Presidente Repubblica), gli altri ottengono valori più bassi, ma in media più elevati dell’ambito economico. Così, l’indice di fiducia sale a 17,5. Dunque, in generale gli italiani sono sfiduciati. Ma, diversamente da quanto s’è soliti a credere, in misura maggiore verso gli attori dell’economia, piuttosto che delle istituzioni politiche e pubbliche. In ogni caso, senza alimentare il cemento della fiducia, appare difficile costruire la casa futura dell’Italia.
Daniele Marini
Nota metodologica
Community Media Research, in collaborazione con Intesa Sanpaolo per La Stampa, realizza l’Indagine LaST (Laboratorio sulla Società e il Territorio) che si è svolta a livello nazionale dal 22 marzo al 4 aprile 2016 su un campione rappresentativo della popolazione residente in Italia, con età superiore ai 18 anni. Gli aspetti metodologici e la rilevazione sono stati curati dalla società Quantitas. I rispondenti totali sono stati 1.997 (su 13.287 contatti). L’analisi dei dati è stata riproporzionata sulla base del genere, del territorio, delle classi d’età, della condizione professionale e del titolo di studio. Il margine di errore è pari a +/-2,2%. La rilevazione è avvenuta con una visual survey attraverso i principali social network e con un campione casuale raggiungibile con i sistemi CAWI e CATI.