Le forme di progettualità della popolazione italiana
Sondaggi - lunedì 31 Marzo, 2014
L’epoca in cui viviamo, caratterizzata dalla velocità e dall’informazione, vede limitate le nostre capacità previsionali. Non siamo più in grado di sapere se le scelte, che facciamo oggi, avranno domani i risultati attesi. È sufficiente seguire la rapidità e la frequenza con cui mutano continuamente le previsioni economiche, da alcuni anni a questa parte, per rendersi conto della difficoltà (o dell’impossibilità) di costruire scenari futuri minimamente certi. Ci muoviamo all’interno di un contesto sociale ed economico segnato da crescenti interdipendenze, dove tutto si tiene; dove ogni azione ha ripercussioni più o meno diffuse. Come se vivessimo in un grande “condominio globale”, le azioni di un inquilino si riverberano su tutti gli altri. Gli esempi sono moltissimi: dalle conseguenze possibili della crisi in Crimea sugli equilibri internazionali, agli indicatori di crescita economica della Cina nei confronti dell’economia globale; dalle ipotesi di riforme del Governo Renzi, agli equilibri all’interno della UE.
Per dirla con Ulrich Beck agiamo nel “capitalismo globale del rischio”. Dove le interrelazioni sociali ed economiche sono a livello planetario e il rischio consiste, di conseguenza, nel fatto che assumiamo decisioni con una minore capacità di determinare i risultati attesi. Perché il campo di gioco si è ampliato enormemente. Diversamente da un tempo ormai distante, i nostri destini futuri sono meno prefigurabili e determinabili. Nessuno è in grado di dire se, intraprendendo un percorso scolastico, un o una giovane troverà un’occupazione coerente al termine. Nello stesso tempo, però, i tragitti individuali si fanno più aperti e con un ventaglio di opportunità così ampio che nessuna generazione in precedenza aveva potuto disporre. I tradizionali punti di riferimento stanno cambiando profondamente e velocemente. Paradossalmente, si potrebbe sostenere che l’unica certezza di cui oggi disponiamo è l’incertezza. Ciò non significa, però, che non siamo più in grado di esprimere progettualità. Ma che queste si declinano necessariamente con tempi più ristretti, con programmazioni corte e flessibili: perché più gestibili, verificabili, riadattabili. Con un processo adattivo all’ambiente esterno, cerchiamo di realizzare pragmaticamente quanto è possibile.