Monitor sul Lavoro (Corriere della Sera)
Dicono di noi - sabato 18 Giugno, 2016
La classe operaia si fa in tre, divisa dalla fabbrica digitale. Tanti stranieri nei servizi
Non una ma tre. Ormai gli studiosi cominciano a sostenere che di classe operaia ne esiste più d’una e la tendenza alla differenziazione è sempre più veloce. Non basta essere sotto lo stesso capannone per avere una condizione di lavoro omogenea, anzi per molti versi lo schema organizzativo rigido applicato agli operai delle linee di montaggio è più vicino a quello di una cassiera del supermercato o di un addetto al call center di quanto lo sia rispetto alle nuove figure di lavoratore manual-cognitivo che la tecnologia richiede. I cambiamenti investono la qualità del lavoro ma si intravedono processi di distinzione che nel medio periodo investiranno i sistemi di retribuzione, il rapporto con il sindacato e più in generale l’identità. Anche perché nel frattempo si sono sviluppati segmenti del lavoro manuale con caratteristiche in parte nuove dentro settori come la logistica (i facchini) e i servizi alla persona (le badanti) e di conseguenza de classi operaie sono tre», come sostiene il sociologo Antonio Schizzerotto. Per ridisegnare una mappa conviene partire dalle novità della tecnologia, dalle imprese che applicano tecniche di lean production e Kaizen per passare a quelle che hanno adottato il sistema Wcm fino ai primi esperimenti di Industria 4.o, tutte richiedono una forza lavoro cognitiva molto coinvolta nei processi di controllo/regolazione delle macchine.